Citare correttamente le fonti in una bibliografia è un passaggio cruciale per chiunque si accinga a scrivere una tesi di laurea o un elaborato accademico.
Una bibliografia ben compilata non solo garantisce precisione e uniformità, ma rispetta anche le regole accademiche necessarie per conferire autorevolezza al lavoro.
In questa guida, esploreremo come seguire le norme principali, fornire esempi pratici e affrontare le differenze tra vari stili di citazione.
Ivi, ibidem, Op. cit. e Cfr.
Le abbreviazioni Ivi, Ibidem e Op. cit. sono essenziali per evitare ripetizioni nelle note e migliorare la leggibilità del testo. I testi citati sotto sono validi solo a titolo d’esempio.
Se, ad esempio, hai già citato “M, Cacciari, Storia della filosofia moderna, Milano, Feltrinelli, 2015, p. 120″ e vuoi fare riferimento alla stessa opera, ma a una pagina diversa, utilizzerai Ivi: “Ivi, p. 125”. Questo sottolinea che la fonte rimane invariata, ma cambia il riferimento alla pagina.
Per due note consecutive che richiamano la stessa opera e pagina, userai invece Ibidem. Ad esempio: “M. Cacciari, Storia della filosofia moderna, Milano, Feltrinelli, 2015, p. 120; Ibidem.”
Quando invece si fa riferimento a un’opera già citata, ma non nell’ultima nota, si utilizza Op. cit.. Ad esempio: “B. Berenson, Il Rinascimento italiano, Torino, Einaudi, 2008, p. 45; Berenson, Op. cit., p. 60.”
L’abbreviazione Cfr. (che significa “confronta”) viene impiegata per invitare il lettore a consultare un’altra opera, senza però riportarne una citazione diretta. È particolarmente utile quando si vuole segnalare una fonte che approfondisce o supporta quanto scritto, aggiungendo valore al contenuto.
Ad esempio, se desideri suggerire una lettura per ampliare la comprensione di un argomento trattato, puoi scrivere: “Cfr. N. Abbagnano, L’evoluzione del pensiero filosofico, Torino, Einaudi, 2010, pp. 15-18.”
Queste abbreviazioni seguono standard accademici precisi e devono essere usate con attenzione per garantire coerenza.
Il significato di queste abbreviazioni
Ivi
Significato: indica la stessa opera citata in precedenza, ma con una diversa pagina.
Ibidem
Significato: indica la stessa fonte e la stessa pagina della nota precedente.
Op. cit.
Significato: riferisce a un’opera già citata in precedenza dell’autore, quando non è stata indicata un’altra opera dello stesso autore.
Idem
Significato: utilizzato per indicare lo stesso autore della nota precedente, ma un’opera diversa.
Cfr. (confronta)
Significato: serve per invitare a confrontare con un’altra opera, senza citarla direttamente.
Come si struttura la bibliografia
Regole pratiche ed esempi. La bibliografia deve elencare tutte le fonti consultate e citate nel tuo lavoro, rispettando un formato chiaro e uniforme. Ecco come organizzare correttamente i riferimenti:
Gli autori vanno elencati in ordine alfabetico per cognome. Per esempio, per citare un libro, il formato standard è: “De Sanctis, Gaetano. Storia della letteratura italiana. Milano, Mondadori, 2021.”
Per articoli accademici, invece, bisogna includere il titolo dell’articolo tra virgolette, seguito dal nome della rivista in corsivo, il volume, il numero e le pagine. Ad esempio: “Bianchi, Anna. “L’evoluzione delle forme narrative”. Rivista di Studi Letterari, vol. 34, n. 2, 2020, pp. 123-145.”
Le fonti online devono riportare il DOI o l’URL completo, come in questo esempio: “Verdi, Luca. Analisi della cultura digitale. URL: https://www.esempio.com.”
Seguire queste regole garantisce che i tuoi riferimenti siano chiari e facilmente consultabili, sia dal professore, sia dal lettore o da chi deve citare le opere.
Quando si scrive una tesi, la bibliografia di un’opera fondamentale per l’argomento della stessa, è usata per espandere le proprie conoscenze.
Differenza tra note a piè di pagina e bibliografia
Le note a piè di pagina e la bibliografia hanno funzioni distinte. Le prime servono per indicare riferimenti puntuali all’interno del testo. Ad esempio: “N. Abbagnano, Filosofia moderna, p. 45.”
La bibliografia, invece, è un elenco strutturato di tutte le fonti utilizzate nel lavoro. Deve essere organizzata in modo sistematico, garantendo coerenza tra le citazioni nel testo e quelle presenti in fondo al documento.
Domande frequenti sulle abbreviazioni
Qual è la differenza tra “Ivi” e “Ibidem”?
Ivi si usa per citare la stessa opera in note consecutive, ma per pagine diverse, mentre Ibidem si usa per la stessa opera e la stessa pagina.
Quando si utilizza “Op. cit.”?
“Op. cit.” si utilizza per riferirsi a un’opera citata in precedenza dello stesso autore, quando non ci sono altre opere citate di quell’autore nelle note successive.
Cosa significa “Cfr.” e quando si usa?
“Cfr.” è l’abbreviazione di “confronta” ed è usata per indirizzare a un’opera che supporta quanto scritto, senza citare direttamente.
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